Violenza sul lavoro e Rischi Psicosociali: un’analisi Interdisciplinare
Violenza sul lavoro e Rischi Psicosociali: un’Analisi Interdisciplinare
Negli ambienti di lavoro, la violenza sui lavoro ed i rischi psicosociali sono una minaccia alla salute e al benessere dei dipendenti.
L’ILO (International Labour Organization) con il suo documento Violenza e molestie nel mondo
del lavoro (https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/—europe/—ro-geneva/—ilo-rome/documents/publication/wcms_868768.pdf), ha voluto sottolineare l’importanza dei rischi psicosociali, evidenziando una prospettiva giuridica, evidenziando come questi elementi possano interagire.
L’analisi giuridica delle violenze sul lavoro è il nostro punto di partenza. L’ordinamento italiano riconosce diverse forme di violenza e molestie sul posto di lavoro, tra cui il mobbing, lo straining, il bossing, il bullismo, le molestie, le discriminazioni e lo stalking occupazionale. Sorprendentemente, l’89,2% delle sentenze riguarda il mobbing, suggerendo una tendenza a ricondurre molte forme di violenza sotto questa etichetta.
Questo studio analizza i dati relativi alle condotte vessatorie sul posto di lavoro, considerando tre linee di tendenza significative:
1. Violenze sul Lavoro: Un’Analisi Giuridica
1.1 Il Dominio del Mobbing: Tra le diverse forme di condotte vessatorie, il mobbing emerge come la più centrale, rappresentando la stragrande maggioranza dei casi giudiziari relativi a conflitti sul lavoro. Si contano 3497 sentenze per mobbing, mentre le altre forme di molestie sul posto di lavoro, come straining, bossing, bullismo, stalking occupazionale, e le molestie, hanno numeri significativamente inferiori.
1.2 Difficoltà nella Giurisprudenza sul Mobbing: Nonostante l’ampia prevalenza di casi di mobbing, le vittime affrontano notevoli difficoltà nel conseguire esiti positivi nei procedimenti giurisdizionali. Questo è principalmente dovuto alla mancanza di prove delle condotte vessatorie denunciate. Nel caso del mobbing, la percentuale di sentenze di rigetto è predominante, oscillando tra il 60% e il 69%. Le sentenze di accoglimento, totali o parziali, rappresentano una minoranza, variando tra il 31% e il 40%. Tuttavia, i risultati sono più favorevoli in altri casi di controversie che non coinvolgono il mobbing.
1.3 Riduzione delle Medie Risarcitorie: Le medie risarcitorie si collocano tra 25.244 e 28.240 euro e sono principalmente basate sul danno biologico, utilizzato dai giudici per calcolare i risarcimenti. Questo indica che le compensazioni per danni derivanti da condotte vessatorie sul lavoro sono relativamente basse.
Questo studio mette in luce il predominio del mobbing tra le condotte vessatorie sul posto di lavoro, le sfide che le vittime affrontano nei procedimenti giurisdizionali dovute alla mancanza di prove, e la tendenza al ribasso delle medie risarcitorie basate sul danno biologico. Questi dati sottolineano la necessità di affrontare in modo più efficace il problema del mobbing sul posto di lavoro e migliorare la protezione dei diritti dei lavoratori.
2. I Neuroni Specchio: Neuroscienze e Aggressività
L’aspetto più innovativo di questa analisi interdisciplinare riguarda il ruolo dei neuroni specchio ed alle scoperte del gruppo di ricerca del Prof. Giacomo Rizzolati.
Queste particolari cellule cerebrali erano originariamente associate all’empatia e alla comprensione delle intenzioni altrui, ma studi recenti hanno dimostrato il loro coinvolgimento nell’aggressività. In pratica, i neuroni specchio si attivano sia quando un individuo esegue un’azione finalizzata, come ad esempio alzare la mano, osservando la stessa azione compiuta da un altro soggetto. Questa scoperta ha gettato nuova luce sulla possibile connessione tra le reazioni neurali e i comportamenti aggressivi sul posto di lavoro.
2.1 L’Esperimento dei Topi: Un Ponte tra la Ricerca Scientifica e il Mondo del Lavoro
Per comprendere meglio il ruolo dei neuroni specchio nell’aggressività e il loro potenziale impatto nel contesto lavorativo, consideriamo un esempio basato su un esperimento condotto su topi. Gli scienziati hanno studiato il comportamento di topi maschi posti in situazioni di competizione territoriale. In queste situazioni, le liti tra topi erano piuttosto comuni e spesso diventavano violente.
Nel corso di questo esperimento, i ricercatori hanno scoperto che i neuroni specchio dei topi si attivavano in modo significativo durante queste liti. Questo significa che quando un topo eseguiva un’azione aggressiva, come attaccare un suo simile, i suoi neuroni specchio erano attivi. Tuttavia, l’aspetto interessante emerso dalla ricerca è che disattivando artificialmente questi neuroni, i topi diventavano notevolmente più docili. In altre parole, i topi trattati in questo modo smettevano di rispondere aggressivamente alle provocazioni e alle minacce, e diventavano meno inclini a coinvolgersi in liti territoriali.
Ancora più sorprendente, quando i neuroni specchio venivano mantenuti attivi e stimolati in modo prolungato, i topi diventavano eccessivamente aggressivi, al punto da attaccare persino la propria immagine riflessa in uno specchio. Questo comportamento suggerisce che l’iperattivazione dei neuroni specchio potrebbe essere correlata all’aumento dell’aggressività.
Questo esperimento sul comportamento dei topi è cruciale poiché offre una possibile connessione tra le risposte neurali e i comportamenti aggressivi nei contesti umani, inclusi quelli sul luogo di lavoro. L’aggressività sul posto di lavoro può manifestarsi in vari modi, tra cui minacce verbali, comportamenti intimidatori o, in casi estremi, persino violenza fisica. L’analisi delle attività dei neuroni specchio può fornire un’ulteriore comprensione di come questi comportamenti possano manifestarsi e diffondersi tra i colleghi.
2.2. Le Diverse Forme di Violenza sul Lavoro e Criteri di Risarcimento e Componente Biologica
Tornando all’analisi giuridica, è importante notare che esistono diverse forme di violenza sul lavoro, e ogni tipo richiede risposte legali adattate alle sue specificità. L’esperimento sui topi e l’associazione tra neuroni specchio e aggressività possono essere illustrati meglio con un esempio di violenza sul lavoro.
Supponiamo che in un ufficio vi sia un dipendente che sistematicamente mette in imbarazzo un collega durante le riunioni di lavoro, facendolo apparire incompetente davanti ai superiori. Questo comportamento può essere considerato una forma di “bossing,” che rientra nella categoria delle condotte vessatorie sul posto di lavoro. L’individuo che subisce questa forma di violenza può sviluppare ansia, stress e perfino problemi di autostima a causa di questa costante aggressione psicologica.
Nel contesto dell’analisi giuridica, questa situazione rappresenta un caso in cui il dipendente vittima di bossing potrebbe cercare giustizia. Tuttavia, le sfide nel dimostrare il fenomeno del bossing e i suoi effetti negativi sulla salute mentale e fisica possono essere significative. La mancanza di prove concrete può rendere difficile ottenere una sentenza favorevole, il che è in linea con il problema più ampio evidenziato nei procedimenti giurisdizionali legati alla violenza sul lavoro.
L’analisi delle liquidazioni di risarcimento nelle sentenze evidenzia anche la predominanza dell’elemento biologico (permanente e temporaneo) come criterio per il risarcimento. Questo parametro rappresenta il 77% dei casi esaminati. Quindi, tornando all’esempio del bossing, se il dipendente subisce danni alla salute mentale a causa delle azioni vessatorie del collega, questi danni rientrerebbero nella componente biologica e potrebbero essere utilizzati come base per il risarcimento. Questo sottolinea l’importanza di valutare gli impatti sulla salute psico-fisica dei lavoratori quando si tratta di casi di violenza sul lavoro
3. Un Approccio Interdisciplinare alla Gestione dei Rischi Psicosociali
L’integrazione di questi elementi evidenzia l’importanza di un approccio interdisciplinare alla gestione dei rischi psicosociali. La nuovq linea guida ISO 45003 e la comprensione delle basi neurologiche dell’aggressività possono aiutare le aziende ad individuare i diversi fattori di rischio e spiegare le dinamiche comportamentali, mentre l’analisi giuridica ci informa su come tali casi vengano affrontati legalmente.
Conclusioni: l’importanza della Formazione sulla Consapevolezza
In questo contesto, la formazione riveste un ruolo chiave. La formazione innovativa dovrebbe sensibilizzare i lavoratori ai rischi psicosociali e fornire loro gli strumenti per prevenire e affrontare situazioni di conflitto. Inoltre, è importante educare i lavoratori su come ottenere giustizia in caso di violenza sul lavoro, garantendo una maggiore protezione dei loro diritti.
Oltre alle analisi giuridiche, neuroscientifiche e agli strumenti normativi come la ISO 45003, la mindfulness è un altro aspetto importante che merita considerazione. La mindfulness, basata su pratiche di meditazione e consapevolezza, può essere un prezioso strumento per affrontare il benessere psicosociale dei lavoratori. Aiuta i dipendenti a gestire lo stress, a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e degli altri, e a migliorare la comunicazione e la gestione delle emozioni.
L’uso della mindfulness nei programmi di formazione può contribuire a prevenire situazioni di violenza sul lavoro fornendo ai dipendenti gli strumenti per affrontare lo stress e gestire i conflitti in modo costruttivo. Inoltre, può promuovere l’empatia e la consapevolezza dei propri comportamenti e del loro impatto sugli altri.
In sintesi, l’analisi interdisciplinare tra il contesto giuridico e neuroscientifico e della consapevolezza in senso profondo rafforza la comprensione dei rischi psicosociali sul lavoro. Tale integrazione può contribuire a creare ambienti di lavoro più sicuri e giusti, migliorando la vita professionale di tutti i dipendenti e riducendo i conflitti dannosi sul posto di lavoro.
Per ulteriori informazioni ed approfondimenti consulta il calendario e iscriviti ai prossimi corsi Mindfulsafety sui Rischi Psicosociali